Un’altalena tra realismo e poesia, tra corpo e parola.
First love è un risarcimento messo in busta e indirizzato al primo amore. È la storia di un ragazzino degli anni novanta al quale non piaceva il calcio ma lo sci di fondo – e la danza, anche, ma siccome non conosceva alcun movimento si divertiva a replicare quelli dello sci, nel salotto, in camera, inghiottito dal verde perenne di una provincia del Nord Italia. Quel ragazzo ora cresciuto, non più sciatore ma danzatore, non più sulla neve ma in scena, non più agonista ma ancora agonista, per via di un’attitudine competitiva alla coreografia che non si scolla mai, nostalgica e ricorsiva, ha incontrato il suo mito di bambino, la campionessa olimpica Stefania Belmondo, ed è tornato sui passi della montagna. È giunto il tempo di gridare al mondo che quel primo amore aveva ragione d’esistere, che strappava il petto come e più di qualsiasi altro. In una rilettura della più celebre gara della campionessa piemontese, la 15 km a tecnica libera delle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, First love si fa grido di vendetta, disperata esultanza, smembramento della nostalgia.
Un progetto di e con Marco D’Agostin.
Premio Ubu – Miglior performer under 35 (2018)
Concorso (Re)connaissance Grénoble – 2° premio (2017)
BeFestival Prize UK (2017)
suono LSKA
consulenza scientifica Stefania Belmondo, Tommaso Custodero
assistente alla drammaturgia Chiara Bersani
luci Alessio Guerra
direzione tecnica Paolo Tizianel
promozione Damien Modolo
organizzazione Eleonora Cavallo
amministrazione Federica Giuliano
grafica Isabella Ahmadzadeh
produzione VAN 2018
coproduzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Torinodanza Festival e Espace Malraux scène nationale de Chambéry et de la Savoie dans le cadre du projet Corpo Links Cluster, soutenu par le Programme de Coopération PC INTERREG V A – Italia-Francia (ALCOTRA 2014-2020)
Marco D’Agostin
Marco D’Agostin è un artista attivo nel campo della danza e della performance, vincitore del Premio Ubu 2018 come miglior performer under 35. Il suo lavoro si interroga sul ruolo e il funzionamento della memoria, e pone al centro la relazione tra performer e spettatore. La danza, una geografia complessa in cui suoni, parole e movimenti collidono di continuo, tende sempre verso la compromissione emotiva di chi la compie e di chi la guarda.