Il mito di Orfeo si traduce in una riflessione sulla condizione abissale del coma. Il film di Myriam Hoyer sull’Orphée et Eurydice di Romeo Castellucci (2014, 86′) permette di rivivere l’eccezionalità di un dispositivo capace di saldare ad anello la musica eseguita nel teatro de La Monnaie e la camera del centro riabilitativo Inkendaal in cui è ricoverata Els, una giovane affetta da locked-in syndrome. La mitologia e la musica di Gluck divengono specchi in cui si riflette, senz’alcun indugio voyeuristico, la fragilità umana, riconoscendo all’arte «il dovere di pensare la condizione umana, anche la più estrema».
ROMEO CASTELLUCCI
Conteso dai maggiori festival e teatri del mondo, per l’Europa è uno dei più rilevanti artisti internazionali. “Il profeta” secondo Le Monde. Da quasi trent’anni i lavori di Romeo Castellucci sono un termine di confronto per capire in che direzione stanno andando le nuove poetiche. Ma in Italia, nel suo Paese, è quasi del tutto assente dal panorama teatrale.